In un video messaggio di Casaleggio Associati si preconizzava una guerra tra l’Occidente, con la sua «democrazia diretta e del libero accesso a internet», ed il blocco sostituito da «Cina, Russia e Medio Oriente»: da siffatti presupposti e ripercorrendo le vicende risorgimentali italiane, nonché le tensioni internazionali che hanno interessato la massa eurasiatica quanto meno a partire dal XIX secolo, il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo assume in effetti una connotazione inedita, corroborata dagli attestati di stima provenienti da strutture legate a doppi filo con le centrali di potere statunitensi.
A che serve l’Italia?
Lo sbarco di Grillo in Sicilia, effettuato a nuoto, fu la prova più eloquente che il comico stava facendo sul serio. Neanche la scelta del luogo poteva dirsi casuale: da ormai due secoli ogni cambiamento politico d’Italia ha preso piede proprio dalla Sicilia. La situazione attuale ha molti punti di contatto con i carbonari, volti ad eliminare la tutela della Santa Alleanza (degli imperi d’Austria e Russia) sull’Italia grazie al sostegno inglese. L’Austria all’epoca si considerava erede del Sacro Romano impero della Nazione Germanica, abolito nel 1806, ma allo scettro del quale gli Asburgo rinunciarono solo dopo la sconfitta subita dai prussiani nella guerra del 1866. Contestualmente l’Italia ottenne il Veneto, ma Venezia perse l’Istria e la Dalmazia. Il leone marciano continuò a sventolare a Corfù, capitale del protettorato britannico dello Stato Ionio, anche se ridotto ad un tassello posto sul battente dell’Union Jack (1).
Ma perché gli inglesi sostennero i rivoluzionari italiani? La risposta è puramente pragmatica, l’assetto scaturito dal Congresso di Vienna era volto a creare una serie di Stati cuscinetto in modo da prevenire eventuali rigurgiti rivoluzionari in Francia, mentre l’Austria e l’Impero ottomano ebbero il compito di contenere l’espansionismo russo nel Mediterraneo, tanto che in seguito all’implosione della Russia del 1917 entrambi persero la loro vera ragion d’essere (2).
L’Austria iniziò a perdere il sostegno inglese dopo i moti del 1821, in quanto a Londra ci si rese conto che l’oppressione cui era soggetta l’Italia sarebbe necessariamente sfociata in una rivoluzione dagli esiti imprevedibili. In Italia la cura teutonica, insomma, era peggio del male che essa doveva curare, tanto valeva assecondare un processo rivoluzionario per non restare sopraffatti dagli eventi. A partire del 1821 gli inglesi iniziarono ad appoggiare i rivoluzionari nel Regno delle Due Sicilie, ma anche la Grecia col trattato di Londra ottenne l’indipendenza dopo una sanguinosa guerra civile durata sostanzialmente dal 1823 al 1836. Il processo avrebbe poi innescato nei Balcani una reazione a catena, nota come “Questione Orientale”, vale a dire la decomposizione pilotata dell’Impero ottomano, ormai palesemente incapace di contenere la spinta russa. Il processo assomigliò molto a quella che sarebbe poi stata la decolonizzazione in Africa del XX secolo: la Francia emancipò la Romania, la Russia la Bulgaria, mentre Serbia e Montenegro divennero una specie di condominio austro-russo che non trovò mai un assetto geopolitico stabile, anzi, l’attentato di Sarajevo del 1914 si rivelò fatale ad entrambi gli imperi, zarista ed asburgico.
Gli inglesi si mossero in Grecia non tanto per osteggiare il sultano quanto per impedire un’affermazione russa nella penisola. In Italia la minaccia di uno sfondamento russo restava remota finché la Penisola restava protetta dall’argine balcanico, ma è il Regno di Napoli che gli inglesi, a partire dagli anni ’30, tengono d’occhio (3). Quando le rivoluzioni scoppiarono nel 1848 in tutta Europa, spazzando via l’influenza austriaca dall’Italia, gli inglesi tolsero l’appoggio ai rivoluzionari. La cosiddetta “Primavera dei popoli”, anziché liberare polacchi, ungheresi e italiani dal giogo austriaco, avrebbe imposto loro uno tedesco in via di formazione all’assemblea nazionale di Francoforte. Al posto di un’Austria sarebbe nata una Grande Germania dal Baltico all’Adriatico. Perciò Palmerston decise di tenersi alla larga dall’appoggiare i rivoluzionari in Germania, Italia e Ungheria (4), preferendosi accordare con lo zar di Russia, soprattutto per paura di perdere la Danimarca che nella Slesia e Holstein controllava gli accessi del Baltico che per l’Inghilterra restavano strategici (5). L’esito delle rivoluzioni del 1849 pertanto andava nella direzione auspicata da Londra: le grandi potenze europee restavano intatte ma litigiose e la Slesia e l’Italia meridionale non costituivano più un oggetto di allarme. Con la prospettiva della nascita di una nuova potenza rivoluzionaria in Europa la cui fede antirussa sarebbe stata tutta da dimostrare, le rivoluzioni del 1848 furono lasciate a se stesse.
L’assetto successivo al 1848 era ancora più problematico e foriero di rischi: i risvegliati nazionalismi slavi ora si stavano spontaneamente rivolgendo alla grande madre Russia la quale aveva rafforzato di molto la sua presenza politica e commerciale nei Balcani e nel Mediterraneo, facendo leva su Napoli (6). I rischi di una marea russa all’insegna del panslavismo furono prontamente riconosciuti e contrastati da una inedita alleanza franco-inglese, impegnata nella lunga e logorante guerra di Crimea (1853–1856).
Sarà la guerra di Crimea a segnare lo spartiacque, ridisegnando la carta politica dell’Europa per i decenni a venire (7). L’Austria rimase neutrale e Napoli sostenne i russi, confermando i peggior sospetti inglesi. Il regno sabaudo poté così procedere con il suo progetto di espansione sulla penisola, dopo che il piano dei Savoia di ascesa sul trono di Spagna era fallito (8). I francesi erano disposti a sostenere l’espansione del Piemonte nel nord fino a Trieste, una riedizione del Regno d’Italia napoleonico del 1806. Gli inglesi volevano molto di più, anzi volevano un’altra cosa: la messa in sicurezza del Regno di Napoli (9). Dopo la sconfitta della Francia a Sedan del 1870 il piano inglese non ebbe più ostacoli: Roma divenne la capitale di un’Italia unita da Nord a Sud (10). L’Ungheria ottenne Fiume collegata a Budapest con una ferrovia finanziata dai Rothschild, finalizzata al contenimento militare della Russia (11). L’Austria, ormai rivelatasi incapace e inadeguata allo scopo che le era stato assegnato nel 1815, poté così rilassarsi ad un declino del quale la fioritura culturale fu la sua manifestazione più notevole e duratura.
A che serve Grillo?
Un importante video-messaggio di Casaleggio Associati prefigurava una guerra tra l’Occidente, con la sua « democrazia diretta e del libero accesso a internet» e « Cina, Russia e Medio Oriente». Casaleggio individuava una partizione primordiale tra un mondo libertario atlantico e individualista mediterraneo, contrapposto all’enorme blocco continentale euroasiatico, un grande spazio (Grossraum) a vocazione totalitaria, che oggi vede comprendere Russia e Germania, alle quali si associa la Cina. Uno scontro combattuto sul fronte delle coscienze, piuttosto che una campagna volta alla conquista del territorio, una guerra civile di proporzioni circumplanetarie che durerà decenni. Casaleggio ha già dimostrato doti di pura genialità e purtroppo temo che abbia visto giusto.
Lo scontro per l’area pivot del globo, già prefigurato da Mackinder nel 1902 (12), poco dopo divenne teatro di due guerre mondiali: la prima combattutasi in Europa dal 1908 al 1948 e la seconda combattutasi in Asia dal 1912 al 1952 (13). Al termine dei due conflitti mondiali, entrambi durati quarant’anni, il Grossraum euroasiatico divenne comunista, forse perché l’ideologia del socialismo scientifico giustificava e facilitava la via autoritaria come risposta alle carenze di sviluppo infrastrutturale ed economica del pivot. Non è un caso che il padre del comunismo fosse tedesco e che per decenni l’ideologia marxista si diffuse di pari passo all’influenza economica tecnologica e culturale della Germania guglielmina. Entrambi i conflitti iniziarono con gli inglesi impegnati a contenere i tedeschi, che a loro volta sostennero Sun Yat Sen e Lenin e finirono con Stalin e Mao contrapposti al containment americano (14).
Dopo che l’area pivot di Mackinder era stata attaccata dalla forza bruta americana a partire dal settembre 2001 abbiamo assistito nel Nord Africa ad una nuova stagione di conflitti tra mare e terra. Casaleggio ha la vision dello scontro planetario. Se può pensare una guerra allora può anche combatterla. A sostegno della sua strategia Casaleggio dispone di un’ideologia (la sovranità dell’individuo, la supremazia della conoscenza sul possesso, l’informazione come arma strategica rispetto alla tecnica del suo controllo). Il suo è il primo movimento politico nativo digitale che anche grazie a Grillo ha dimostrato di poter funzionare.
Il M5S oggi, a differenza degli altri partiti italiani, dispone di una visione geopolitica, di un’ideologia politica e di una capacità di realizzazione tecnica. Se questo fosse vero allora la posta in gioco che si apre col M5S è molto più ampia di quanto possa sembrare. Esso apre, anzi definisce, una linea di faglia planetaria e pertanto verso di lui si riverseranno risorse materiali e morali di ampia portata.
L’establishment angloamericano, dal nobel Stigliz alla direzione strategica – e quindi politica – di Jim O’Neill della Goldman Sachs (15) hanno pertanto espresso l’endorsment per un movimento che solo superficialmente è una federazione di lazzaroni virtuali (16). Le implicazioni del M5S cessano di essere contingenti alla realtà politica italiana.
L’Italia è probabilmente l’unico paese al mondo che ha vissuto in prima linea il crollo del Muro, le guerre balcaniche, le rivoluzioni africane, ma anche la riaffermazione del Grossraum euroasiatico. Qualcosa di simile accadde già nel primo dopoguerra, quando il Paese si trovò sulla linea di faglia causata dal crollo degli imperi zarista, asburgico ed ottomano. Ne risultò il fascismo di Mussolini che come modello politico universale di contenimento del comunismo – e quindi del Grossraum euroasiatico – fu esportato in tutti i continenti: dall’Europa degli anni Trenta, all’Asia degli anni Quaranta e infine all’America Latina degli anni Cinquanta.
*William Klinger (Fiume 1972) ha un Master in Scienze Politiche alla Central European University di Budapest, è PhD presso l’European University Institute di Firenze, ricercatore della Lega Nazionale di Trieste e del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, nelle cui collane ha scritto numerosi saggi, così come per la rivista della Società di Studi Fiumani di Roma “Fiume. Rivista di studi adriatici”; collabora con giornali e fondazioni scientifiche in Slovenia, Croazia e Serbia.
NOTE
1) Henry Jervis-White-Jervis, History of the Island of Corfú and of the Republic of the Ionian Islands, Londra, 1852.
2) Per un quadro d’insieme si veda l’eccellente articolo di Brock A. Millman, A Counsel of Despair: British Strategy and War Aims, 1917-18, in “Journal of Contemporary History”, n. 2, anno 2001, pp. 241-270.
3) Margaret Lamb, The Making of a Russophobe: David Urquhart: The Formative Years, 1825-1835, in “The International History Review”, n. 3, anno 1981, pp. 330-357. David Urquhart, dopo il periodo formativo venne inviato come plenipotenziario britannico a Belgrado e divenne lo stratega politico inglese del contenimento antirusso. Sul suo periodo belgradese vedi Čedomir Antić, Velika Britanija, Srbija i Krimski rat, 1853-1856: neutralnost kao nezavisnost, Belgrado, 2004.
4) Cfr, Eugene Horváth, Kossuth and Palmerston (1848-1849), in “The Slavonic and East European Review”, n. 27, anno 1931, pp. 612-631.
5) John Stuart Woolf, La storia politica e sociale, in “Storia d’Italia Einaudi”, vol. III (Dal primo Settecento all’Unità), Torino 1973, pp. 388 – 389.
6) Sui legami tra Russia e Napoli si vedano le fondamentali opere di Vincenzo Giura: Russia, Stati Uniti d’America e Regno di Napoli nell’ età del Risorgimento, Napoli, 1967; “La marina napoletana in Mar Nero dal 1841 al 1860”, in Studi in memoria di Luigi Dal Pane, Bologna, 1982.
7) Sul ruolo di Cavour nella guerra si veda il classico di Franco Valsecchi, Il Risorgimento e l’Europa : l’alleanza di Crimea, A. Mondadori, 1948. Estremamente attivo fu il capo della legazione britannica a Torino, Sir James Hudson. Harry Hearder, Clarendon, Cavour, and the Intervention of Sardinia in the Crimean War, 1853-1855, in “The International History Review”, n. 18, anno 1996, pp. 819-836.
8) José Ramón Urquijo Goitia, Crisis de las relaciones hispano-sardas: de la cuestión sucesoria a la guerra contrarrevolucionaria, in “Rassegna storica del Risorgimento”, n. 4, anno 2003, pp. 499-536. Il piano fu caldeggiato soprattutto dal conte Clemente Solaro della Margherita uno dei più convinti assertori della controrivoluzione e stratega politico del Piemonte prima della rivoluzione del 1848.
9) Per sostenere la loro progettata operazione mediterranea i russi fondarono una società di navigazione mediterranea. Cfr. W. E. Mosse, Russia and the Levant, 1856-1862: Grand Duke Constantine Nicolaevich and the Russian Steam Navigation Company, in “The Journal of Modern History”, n. 26, anno 1954, pp. 39-48. Il Regno di Napoli aveva forti rapporti commerciali con la Russia e lo zar fu il suo principale difensore sul piano diplomatico. F. A. Simpson, England and the Italian War of 1859, in “The Historical Journal”, n. 5, anno 1962, pp. 111-121.
10) Sia Palmerston che lord Russell furono interessati che l’indipendenza dell’Italia fosse mantenuta fino all’annessione di Roma. O.J. Wright, British representatives and the surveillance of Italian affairs, 1860-70, in “The Historical Journal”, n. 51, anno 2008, pp. 669-670.
11) Mi permetto di rimandare a William Klinger, “Dall’autonomismo alla costituzione dello Stato – Fiume 1848-1918”, in Forme del politico. Studi di storia per Raffaele Romanelli, a cura di Emmanuel Betta, Daniela Luigia Caglioti, Elena Papadia, Roma , 2012, pp. 45 – 60.
12) Per Mackinder (1861 –1947) la Russia avrebbe dominato l’isola eurasiatica grazie ai nuovi trasporti che collegavano l’immensa massa territoriale eurasiatica. Tale trasformazione metteva in crisi il fondamento della geopolitica britannica fondata sul dominio del mare che non rappresentava la via più veloce per spostarsi. Halford John Mackinder, “The Geographical Pivot of History”, in Geographical Journal, n. 4, anno 1904, pp. 421 – 437.
13) Anche a Trieste la guerra mondiale sarebbe durata esattamente quarant’anni: dal 1914 al 1954.
14) Sul sostegno tedesco a Sun Yat Sen vedi: Joseph Fass, Sun Yat-sen and Germany in 1921-1924, in “Archiv Orientalni”, n. 36, anno 1968, pp. 134-48. Roland Felber & Hübner, Rolf, Chinesische Demokraten und Revolutionäre in Berlin (1900-1924), in “Wissenschaftliche Zeitschrift der Humboldt-Universität zu Berlin”, n. 2, anno 1988, pp. 148-156. Roland Felber, Sun Yatsen und Deutschland. Zum Platz Deutschlands im gesellschaftspolitischen Denken Sun Yatsens, in “Wissenschaftliche Zeitschrift der Humboldt-Universität zu Berlin. Sonderheft: Zur Geschichte der deutsch-chinesischen Beziehungen (1900-1949)”, n. 2, anno 1988, pp. 121-135 e 136-147. Sull’appoggio del Comando Supremo tedesco a Lenin si veda Dmitri Volkogonov, Lenin: A New Biography, New York, 1994.
15) Goldman Sachs, «entusiasmo» per il M5S, Corriere della sera, 2 marzo 2013.
16) Interessante anche l’intervista a Casaleggio fattagli dal fondatore della rivista Wired: Bruce Sterling, “La versione di Casaleggio”, Wired, agosto 2013. Bruce Sterling ha vissuto diversi anni a Belgrado con la moglie Jasmina Tešanović, prima di trasferirsi a Torino nel 2007.